giovedì 5 febbraio 2009

Lectio Magistralis All’Università per stranieri di Perugia - Inaugurazione dell’Anno Accademico 2009 - Intervento Dell’On. Ministro Franco Frattini


Sono davvero molto lieto di essere qui, all’Università per stranieri di Perugia, ed avere il privilegio di intervenire in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno accademico. Vorrei pertanto ringraziare il Rettore, la Professoressa Stefania Giannini, per il cortese invito che mi ha rivolto e che intendo onorare proponendovi una riflessione sulle linee programmatiche della Presidenza italiana del G8. Per farlo vorrei anzitutto tratteggiare il contesto in cui l’Italia si trova a gestire questo importante impegno.

Con la fine della guerra fredda, i tragici eventi dell’11 settembre e il prorompere delle sfide globali, lo scenario internazionale è profondamente cambiato. E’ diventato più imprevedibile e incerto nelle sue dinamiche evolutive; più complesso e interdipendente nei problemi da affrontare; più fluido e variabile nelle gerarchie internazionali che lo rappresentano. Dopo il 1989, superata la logica dei blocchi, ci aspettavamo più pace e stabilità. Nonostante la riunificazione di gran parte dell’Europa sono però riemersi pericolosi nazionalismi e si sono moltiplicate le crisi regionali. Nel 2001, il terrorismo internazionale, dimostrando la sua macabra capacità di colpire ovunque e in qualsiasi momento, ha aumentato il senso di insicurezza personale e collettiva dei cittadini. Prima di allora nessuno avrebbe immaginato che la sua vita potesse essere in pericolo anche dove e quando l’avrebbe pensata al sicuro: al ristorante, su un autobus, in albergo, sul posto di lavoro. La natura della minaccia terroristica ha così trasformato la nostra sicurezza da bene scontato in diritto da riconquistare e difendere.

Negli ultimi anni, mentre nuove potenze emergevano sullo scacchiere internazionale, la globalizzazione ha mostrato il suo duplice volto. A quello delle opportunità, con l’aumento della competizione tra gli Stati per coglierle è subentrato quello delle paure, con il sorgere di minacce non convenzionali e sfide trasversali: cambiamenti climatici, immigrazione, emergenza alimentare, pandemie, sicurezza energetica, proliferazione nucleare. Nel corso del 2008, su questo quadro già complesso si è innestata la grave crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo. Una crisi senza precedenti che ha generato incertezza e paura, insicurezza. Una crisi veramente globale che si è rapidamente propagata dai mutui sub-prime al mercato del credito, dalle piazze finanziarie all’economia reale, dagli Stati Uniti ai paesi europei e alle economie emergenti.

In qualità di Presidente del G8, l’Italia ha pertanto ricevuto in eredità una sfida ben più difficile e impegnativa di quanto potesse immaginare anche solo sei mesi fa. Siamo cioè pienamente consapevoli di dover affrontare una fase della globalizzazione estremamente difficile e stiamo lavorando alacremente affinché il G8 dimostri di saper offrire risposte concrete e rassicuranti alle preoccupazioni dell’opinione pubblica internazionale. In definitiva, il messaggio di fondo che l’Italia intende condividere con i propri cittadini e con quelli dei suoi partner del G8 è semplice: la comunità internazionale non si farà sopraffare dalla paura, dall'incertezza e dalla paralisi, poiché dispone delle risorse tecniche, umane e soprattutto morali per superare le difficili prove alle quali è confrontata.

Per superare queste sfide la comunità internazionale deve però essere pronta a compiere delle scelte, ad esercitare la propria leadership. Ci eravamo forse illusi che il mercato globale potesse funzionare da solo e da solo potesse generare ricchezza e benessere, pace e sicurezza. Ma il 2008 e questo scorcio di 2009 hanno ampiamente dimostrato che così non è. Che la globalizzazione va governata. Servono nuove regole, si devono plasmare – se necessario – nuove istituzioni, introdurre appropriati incentivi e disincentivi per i comportamenti dei governi, mettere in campo meccanismi che correggano le crescenti disparità tra i Paesi avanzati e quelli rimasti ai margini della globalizzazione. Bisogna individuare gli strumenti che permettano di coniugare i consumi individuali odierni con l’esigenza di non lasciare un habitat irrimediabilmente degradato alle future generazioni.

Partendo da questo presupposto, l’Italia ha elaborato un importante programma da attuare nel corso della sua Presidenza del G8 e intende concentrasi sulla necessità di elaborare una riforma adeguata del sistema di governance globale. Il tema della governance riguarda anche le Nazioni Unite. Proprio domani presiederò a Roma una riunione ministeriale cui parteciperanno più di sessanta Paesi per discutere dei principi sui quali dovrà essere basata la riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, questione sulla quale l’Italia è sempre stata molto impegnata. La riforma della governance concerne inoltre le organizzazioni regionali e – al riguardo - l’Italia è favorevole ad affidare loro una funzione più attiva e dinamica. Per approfondire contorni e contenuti di questo loro ruolo maggiormente profilato, riteniamo che sarebbe utile convocare un Vertice di tutte le organizzazioni regionali, evento che l’Italia è disponibile ad ospitare.

La crisi economico-finanziaria in atto ha in effetti messo definitivamente in luce il gap esistente tra la complessità dei problemi, delle minacce e delle sfide che la comunità internazionale deve affrontare e la sua capacità di farlo adeguatamente, di disporre dei mezzi necessari per offrire risposte efficaci e convincenti. La Presidenza italiana del G8 ha quindi una storica occasione per contribuire a definire le coordinate fondamentali di un nuovo sistema di governance internazionale, per articolare un multilateralismo efficace in tutte le sue componenti: regole, istituzioni, politiche e programmi. Un nuovo sistema che ci consenta di massimizzare il potenziale offerto dai processi di globalizzazione, minimizzandone i rischi.

Nelle nostre intenzioni, il funzionamento di questo nuovo sistema dovrebbe ispirarsi a quattro principi fondamentali: (1) una responsabilità condivisa, affinché ogni attore internazionale, Paesi sviluppati e Paesi emergenti, faccia di più e meglio la sua parte per contribuire a dare una risposta comune a problemi comuni; (2) inclusività, mirando a coinvolgere maggiormente i nuovi Paesi emergenti nei processi decisionali; (3) efficacia, partendo dalla convinzione che la legittimità delle istituzioni proviene soprattutto dalla loro performance, cioè dalla loro capacità di risolvere concretamente i problemi che interessano i cittadini; (4) sostenibilità, poiché abbiamo bisogno di ridurre volatilità e incertezza, assicurando stabilità al sistema finanziario e alla crescita dell'economia.

Sulla base di questi principi, l’Italia si sta anche interrogando su quale possa essere il formato più adatto ad esercitare una efficace governance internazionale per il presente e per il futuro della globalizzazione. In particolare, la pressione internazionale per verificare la legittimità in termini di rappresentatività ed efficacia del G8 è ormai posta e la questione non può essere elusa.

Su questo punto, gli interrogativi da cui partire per una riflessione operativa sono già sufficientemente chiari. Il G8 è ormai superato e poco rappresentativo dei nuovi equilibri internazionali? Il G20, il cui ruolo è stato riscoperto dalla crisi economica, è un foro adeguato o eccessivamente pletorico? Qual è il modo migliore per far partecipare i Paesi emergenti al dialogo con gli otto grandi? E’ possibile “istituzionalizzare” un nuovo formato che ricomprenda “vecchie” e “nuove” glorie internazionali?

Sgomberiamo subito il campo da un possibile equivoco: G20 e G8 non sono in competizione tra loro. Entrambi i consessi sono in grado di offrire un proprio valore aggiunto. Il primo in una prospettiva più immediata dettata dalla crisi in atto, il secondo con uno sguardo anche al medio-lungo periodo.

Il G20 di Washington, riunitosi nel novembre scorso per la prima volta a livello di Capi di Stato e di Governo, ha definito un ambizioso Piano d’azione per affrontare la crisi finanziaria. Il prossimo 2 aprile si riunirà nuovamente a Londra con l’intento di prendere altre decisioni che consentano di ricreare fiducia nei mercati finanziari, di ridare slancio all’economia reale, e di porre le basi per una riforma delle istituzioni di Bretton Woods. E’ quindi evidente che, soprattutto per quanto concerne la definizione di un nuovo sistema di governance finanziaria, esiste la necessità di uno stretto coordinamento tra la Presidenza italiana del G8 e quella britannica del G20. Coordinamento già in corso sia a livello tecnico che politico: il 17 febbraio io stesso sarò a Londra dove incontrerò il mio collega britannico, mentre il 19 febbraio il Primo Ministro Brown verrà ricevuto in Italia dal Presidente Berlusconi.

G20 e G8 lavorano dunque insieme e il primo non è destinato a scalzare il secondo che mantiene invece una propria missione cui adempiere. Anche a fronte di un quadro globale profondamente mutato, il G8 continua infatti a rappresentare, per la comunanza di valori e i livelli di sviluppo dei suoi componenti, una constituency fondamentale per concorrere a definire la governance della globalizzazione. Inoltre, questo Foro non è rimasto immobile mentre il mondo gli cambiava intorno. Sin dagli anni ’90, in particolare dal Vertice di Napoli del 1994 che vide per la prima volta la partecipazione della Russia, è stato infatti avviato un processo per adattarlo alla nuova realtà internazionale. Nel 2007, con il Vertice di Heiligendamm, si è inoltre cominciato a coinvolgere con successo, nel framework G8, le maggiori economie emergenti, il cosiddetto G5: Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa. Da allora è risultato sempre più evidente come il G8 non potesse più essere considerato un Forum effettivo e rappresentativo senza coinvolgere – in un’ottica di inclusività decisionale e responsabilità condivisa – i Paesi del G5.

Nel 2009, di fronte a sfide globali che richiedono un esercizio collettivo di leadership e responsabilità, anche il formato di Heiligendamm deve però essere rafforzato. E’ tempo di andare oltre, di compiere un ulteriore passo in avanti per favorire la nascita di una nuova partnership internazionale. Posto che un “governo mondiale” non esiste e che non è neppure una concreta prospettiva all’orizzonte, la vera sfida, non solo per il G8, ma per il concetto stesso di governance, consiste nel ricercare un formato che assicuri il giusto equilibrio tra rappresentatività ed efficacia. La rappresentatività è infatti necessaria per assicurare legittimità all’esercizio e al suo processo decisionale. Al contempo, è evidente che formati eccessivamente ampi implichino una parallela riduzione della loro capacità operativa e decisionale e quindi della possibilità di conseguire risultati concreti.

L’Italia, in quanto Presidente del G8, intende dare il proprio contributo all’aggiornamento della sua architettura e vede nel Vertice della Maddalena del prossimo luglio il momento giusto per proporre un nuovo formato di governance globale. L’idea è quella di definire un formato che superi il dialogo lanciato ad Heiligendamm, associando agli otto grandi in modo più strutturato, stabile e permanente Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa. Oltre ai Paesi del G5, l’Italia ritiene che sarebbe utile aggiungere anche un Paese musulmano moderato, arabo e africano come l’Egitto. Si costituirebbe così un gruppo di Paesi sufficientemente rappresentativo delle economie industrializzate e di quelle emergenti, ma snello quanto basta per concorrere ad affrontare efficacemente le grandi sfide della globalizzazione.

A tale nucleo potrebbe poi aggiungersi, in un’ottica di geometrie variabili, un numero limitato di altri Stati particolarmente rilevanti a seconda delle tematiche da affrontare: ad esempio altri Paesi grandi produttori di CO2 quando si affronta il tema del cambiamento climatico, o una rappresentanza di Stati Africani quando discutiamo di sviluppo. Non esiste cioè un unico formato valido ed effettivo cui far riferimento in ogni occasione. La complessità delle sfide che abbiamo di fronte richiede infatti un approccio quanto mai pragmatico e flessibile, anche nella messa a punto delle architetture istituzionali e decisionali.

Tratteggiati i formati entro cui discutere la sostanza vorrei adesso soffermarmi su cinque priorità della nostra Presidenza G8: (1) crisi finanziaria ed economica; (2) cambiamenti climatici e sicurezza energetica; (3) terrorismo e non-proliferazione; (4) Sviluppo e Africa; (5) crisi regionali, con particolare riferimento all’Afghanistan e al Medio Oriente.

(1) Crisi finanziaria ed economica - La più grave crisi dai tempi della Grande Depressione richiede una risposta globale. Sono necessarie regole migliori e un maggior coordinamento internazionale per sostenere l’economia mondiale e porla su basi più solide per il futuro.

G8 e G20, come accennavo poc’anzi, dovrebbero lavorare insieme per contribuire alla riforma delle istituzioni finanziarie internazionali e alla creazione di un sistema di regole più efficaci, con un’attenzione particolare alla trasparenza del sistema finanziario internazionale. Sarà inoltre importante favorire il consenso necessario per mantenere e rilanciare l’apertura degli scambi commerciali e degli investimenti, incluso un nuovo accordo equilibrato in sede OMC, con significativi benefici per la crescita economica. Un approccio multilaterale, come emerso anche nel corso del recente World Economic Forum di Davos, è fondamentale anche per evitare risposte protezionistiche da parte di singoli paesi, che aggraverebbero ulteriormente la congiuntura internazionale.

Infine, va promossa l’innovazione tramite un sistema efficiente di diritti di proprietà intellettuale, essenziale per favorire gli investimenti e il rilancio della crescita economica, ed iniziative congiunte per combattere la contraffazione e la pirateria. Sarà altresì necessario affrontare la questione della governance del sistema internet, anche al fine di garantire la sicurezza delle transazioni telematiche e dei consumatori e combattere i crimini informatici, le violazioni di informazioni riservate e la pirateria digitale.

(2) Cambiamenti climatici - Grandi aspettative sono riposte nel Vertice de La Maddalena in tema di cambiamenti climatici. Sul tema, la Presidenza italiana del G8 punta infatti ad ampliare gli spazi di convergenza tra economie avanzate, emergenti e Paesi in via di sviluppo. L’obiettivo finale è quello di favorire il successo della Conferenza ONU di Copenaghen del dicembre 2009, che dovrebbe definire un accordo globale sul clima. In questo senso sarà determinante il contributo del Presidente americano Obama, che ha indicato nella lotta ai cambiamenti climatici uno strumento di rilancio dell’economia e che in Sardegna parteciperà per la prima volta ad un Vertice G8.

La sfida del cambiamento climatico riflette, meglio di qualunque altra, la profonda interconnessione dei fenomeni tipici della globalizzazione. E’ evidente che nessuno sforzo isolato, per quanto meritorio, consentirà di ridurre le emissioni di CO2 in misura utile per contrastare l'effetto serra se non vi sarà una assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori dell'economia globale, su basi commisurate al grado di sviluppo di ciascuno. Dal lato delle opportunità, gli investimenti necessari per il contrasto al cambiamento climatico si tradurranno anche in nuove occasioni d’impiego, generando occupazione. A loro volta i “green jobs” potranno contribuire al rilancio dei consumi e alla ripresa economica.

Al tema dell’ambiente è come noto collegato quello della sicurezza energetica. Su questo fronte, è intenzione della Presidenza valorizzare e rafforzare il dialogo fra i principali paesi produttori di combustibili fossili ed i paesi consumatori, con l’obiettivo di stabilizzare le dinamiche della domanda e dell’offerta di energia, aumentare la trasparenza dei mercati e favorire gli investimenti in nuove infrastrutture energetiche.

(3) Non-proliferazione e terrorismo - Nel corso della Presidenza italiana del G8, speciale attenzione sarà rivolta al rafforzamento del regime generale di non proliferazione, soprattutto in vista della Conferenza di riesame del 2010 del Trattato di non Proliferazione Nucleare, alle prospettive del disarmo nucleare ed al legame tra sviluppo dell’energia nucleare civile e non proliferazione. Il Partenariato globale contro la diffusione delle armi di distruzione di massa, lanciato al Vertice G8 di Kananaskis nel 2002, costituisce la principale attività del G8 nel settore e contro il rischio che armi di distruzione di massa possano essere acquisite da organizzazioni terroristiche.

Quanto al terrorismo, l’Italia sostiene la linea, ormai consolidata dal 2002, di una dichiarazione ad hoc dei Capi di Stato G8. In questo quadro porremo attenzione soprattutto alla lotta alla radicalizzazione ed al fenomeno del reclutamento, nonché alla necessità di contemperare l’efficacia degli strumenti di lotta al terrorismo internazionale con il necessario rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale.

(4) Sviluppo e Africa - La Presidenza italiana intende mantenere la lotta alla povertà, la promozione dello sviluppo e il dialogo con i Paesi Africani al centro dell’agenda del G8. In Africa rimane essenziale intensificare la lotta alla povertà e alle malattie e battersi con fermezza contro la violazione dei diritti umani e le violenze su donne e bambini. In linea con il Consenso di Monterrey e Doha sul finanziamento allo sviluppo e i risultati della Conferenza di Accra sull’efficacia degli aiuti, l’Italia promuoverà un approccio innovativo allo sviluppo, che non sia esclusivamente focalizzato sul volume degli aiuti, ma valorizzi tutti i fattori in grado di innescare processi di crescita sostenibile: pace e sicurezza, governance democratica, rafforzamento istituzionale. La portata della sfida contro la povertà è infatti tale da richiedere la mobilitazione di tutte le risorse disponibili: non solo aiuti pubblici ma anche investimenti privati, commercio, fonti di finanziamento innovative, cancellazione del debito, rimesse. Questo sforzo deve poi coinvolgere, sia nei paesi donatori tradizionali sia in quelli emergenti, tutti gli attori rilevanti: enti pubblici, privati, società civile. A questo approccio integrato e sistemico ci ispireremo in occasione del G8 dei Ministri della cooperazione che avrò il privilegio di presiedere a Pescara nel mese di maggio.

(5) Le crisi regionali: Afghanistan e Medio Oriente - Tra le principali questioni regionali che la Presidenza italiana intende portare all’attenzione dei partner G8 vi sono sicuramente l’Afghanistan e il Medio Oriente. In occasione della riunione G8 dei Ministri degli esteri che si terrà in giugno a Trieste intendo in effetti organizzare una sessione di lavoro allargata, dedicata ad Afghanistan e Pakistan, invitando tutti i Paesi che possono avere un ruolo in quell’area: dall’India all’Arabia Saudita, agli Emirati Arabi, alla Turchia, all’Egitto. Si tratta di un’iniziativa speciale che, focalizzandosi sulle aree frontaliere, intende contribuire alla stabilizzazione dell’intera regione. L’Italia è infatti convinta che la stabilizzazione dell’Afghanistan non possa essere considerata solo un problema degli Stati Uniti e dei suoi alleati occidentali, ma debba rappresentare anche un obiettivo per i Paesi della regione, senza il contributo dei quali sarà difficile addivenire ad una qualche soluzione. L’Afghanistan, come ha recentemente scritto anche il Segretario Generale della NATO, De Hoop Scheffer, “non è un’isola”. Le sfide cui deve far fronte Kabul sono collegate a quelle del Pakistan, e i problemi di Islamabad vanno letti nell’ottica dei suoi rapporti con l’India, senza dimenticare quale sia – in questa crisi regionale- il peso dell’Iran.

Quanto al Medio Oriente, la Presidenza italiana del G8 si è già fatta carico di un esercizio di coordinamento degli aiuti umanitari in relazione alla crisi di Gaza. Non possiamo però escludere che il G8 debba dare un segnale anche sul piano politico, vista la delicatezza della situazione. Da parte italiana è già stato sottolineato come al fine di stabilizzare la striscia di Gaza si debba dare priorità a tre aspetti. In primis, alla riconciliazione palestinese, con l’obiettivo di rafforzare l’ANP e riunificare il territorio palestinese sotto un’unica Autorità. In secondo luogo, agli interventi umanitari e alla ricostruzione di Gaza, anche attraverso la conferenza prevista per inizio marzo da parte egiziana e alla quale l’Italia contribuirà in qualità di co-sponsor. Infine, alla riapertura dei valichi della Striscia a partire da quello di Rafah per il quale l’Unione Europea si è già detta pronta ad un ridispiegamento della missione EUBAM.

Al momento appaiono soprattutto questi i presupposti affinché, dietro la spinta di un rinnovato e convinto impegno dell’Amministrazione americana, il Processo di pace possa riprendere rapidamente e sfociare nella creazione di uno stato palestinese accanto a quello israeliano. Due Stati capaci di vivere insieme, nella sicurezza e nella pace.

I cinque temi che ho appena illustrato, pur molto diversi nella loro natura, hanno un minimo comun denominatore che vorrei qui enfatizzare: la sicurezza. Ognuna delle problematiche toccate evoca cioè un aspetto diverso del concetto di sicurezza, a dimostrazione di come esso sia profondamente cambiato e abbia assunto un profilo multiforme. “Produrre sicurezza” al tempo della globalizzazione significa cioè confrontarsi con sfide multiple e articolate, con minacce asimmetriche e nemici non sempre identificati. Per far sentire sicuri i propri cittadini, oggi, non basta più avere forze dell’ordine efficienti. Bisogna essere capaci di dare risposte anche all’attuale crisi finanziaria ed economica, alla sfida ambientale, ai rischi di proliferazione nucleare. Bisogna impegnarsi anche lontano da casa nostra, partecipando alle più importanti missioni internazionali di pace perché i confini tra i concetti di sicurezza personale, nazionale e internazionale si sono ormai assottigliati sensibilmente, sino al punto di creare ampi spazi di osmosi tra loro.

L’Italia è pienamente consapevole di questa nuova realtà ed è pronta a dare il proprio contributo per riformare la governance globale e migliorare la sicurezza di tutti noi. Ha tutte le carte in regola per farlo: non solo Presidente del G8 nel 2009, ma anche Stato fondatore dell’Unione Europea, partner chiave della NATO e degli Stati Uniti, uno tra i principali Paesi contributori delle Nazioni Unite. L’Italia, vale la pena sottolinearlo, sta ormai superando la sua “dimensione da guerra fredda”. Fino a qualche anno fa il nostro Paese aveva infatti una missione di politica estera fondamentalmente “regionale”. Il proprio ambito d’azione era costituito soprattutto dalla comunità euro-atlantica, dai Balcani e dalla sponda sud del Mediterraneo. Nel mondo globalizzato, questi punti di riferimento rimangono sempre validi ma la misura regionale non è più sufficiente a qualificare la nostra missione internazionale.

Pur senza velleitarismi, né pensando di dover essere presente ovunque, l’Italia del XXI secolo deve però dotarsi di una visione globale del proprio ruolo internazionale. Vi è ormai la necessità di una politica estera attiva ed intraprendente, in grado di selezionare le priorità del Paese sia per prevenire le crisi e proteggere i nostri interessi di sicurezza nazionali, sia per competere efficacemente sul piano economico e politico, per mantenere e consolidare le nostre posizioni tra le “potenze che contano”.

Condizione essenziale affinché la nostra politica estera possa vantare una dimensione globale è comunque la crescita politica dell’Unione Europea. Più la UE sarà protagonista sul piano internazionale, maggiore sarà la capacità dell’Italia di far fronte alle proprie accresciute responsabilità nel mondo. Abbiamo quindi bisogno di un’Europa globale, in grado di contribuire alla soluzione delle nuove sfide che la comunità internazionale deve affrontare, come è stato il caso – ad esempio – in occasione della crisi georgiana. Un’Europa coesa e disposta ad esercitare la sua leadership politica. Un’Europa partner serio ed affidabile degli Stati Uniti d’America a cominciare dai settori della difesa e della sicurezza.

Illustre Rettore,
Cari studenti,
Signore e Signori,

non potrei concludere questo intervento in un contesto accademico così prestigioso, senza sottolineare che il futuro della globalizzazione, la nostra capacità di coglierne le opportunità, minimizzandone i rischi intrinseci, dipende innanzitutto dalla qualità delle idee e dei valori cui sapremo ispirarci. In questo senso, desidero qui ricordare che Perugia è sede del Segretariato del World Water Assessment Programme (WWAP), un’iniziativa di alto profilo scientifico, dedicata allo studio e all’approfondimento di una delle più attuali sfide globali, quella delle risorse idriche. Proprio in questi giorni, la centralità del WWAP mi sembra sottolineata dalla riunione del Comitato delle Nazioni Unite per l’acqua ospitato presso la sede del Segretariato.

Sono convinto che anche da quel Segretariato, così come da queste aule universitarie - dove si confrontano ogni giorno intelligenze e proposte da ogni parte del mondo, in una Regione come l’Umbria con una storica vocazione alla pace, ai valori universali e al dialogo interculturale - possono nascere gli spunti e le proposte da tradurre in scelte politiche per costruire una globalizzazione equa, che sia finalmente percepita da parte di tutti come un fattore di crescita e di sviluppo. Il compito che vi aspetta quotidianamente, docenti e studenti, è quindi al tempo stesso difficile, vasto ed entusiasmante. Anche per questo desidero congedarmi formulando a tutti voi i migliori auguri di buon lavoro.

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